In un futuro forse troppo vicino, scoprire se hai trovato l’anima gemella è clinicamente possibile. Il Love Institute guidato dal divorziato Duncan (Luke Wilson) ha brevettato il metodo. Una serie di prove preliminari e un test vagamente macabro: ai due innamorati, o presunti tali, viene rimossa un’unghia. Insieme, le due unghie vengono infilate in un microonde sui generis, e dopo pochi secondi uno schermo stile-anni-Settanta annuncia il risultato della compatibilità.
Anna (Jessie Buckley), neoassunta al Love Institute, al test si è già sottoposta: Ryan (Jeremy Allen White) è l’uomo della sua vita, ne è sicura al 100%. L’ha detto il test. Il nuovo lavoro, tutto sommato, le piace. L’istituto manda in filodiffusione il rumore della pioggia, perché aumenta il romanticismo. Chi si sottopone al test si sottopone anche a una prova di karaoke in francese, la lingua dell’amore. Senza contare una maratona di film con Hugh Grant. Ma ad Anna inizia a piacere un po’ troppo anche Amir (Riz Ahmed), il collega sensibile che finge di avere una fidanzata e che è chiamato a farle da tutor.
L’opera seconda presentata da Christos Nikou al San Sebastián International Film Festival 2023 – la prima in lingua inglese – è una sci-fi comedy sui percorsi dell’amore e sulle loro stranezze: le cose, si sa, sono raramente quello che sembrano. È giusto adagiarsi sulla routine e dare per scontato un rapporto, anche se si è certi di aver trovato la persona giusta?
Ryan è innamorato di Anna. Ne è così sicuro da non avere bisogno di coltivare la relazione. Se preferisce commuoversi davanti a un documentario piuttosto che ascoltarla, lo fa.
Ma la validità del test è infallibile? E va presa sempre per buona?
Alla festa del primo anniversario del Love Institute, Anna osserva Nick ballare da solo. Forse è una delle scene più riuscite di Fingernails: le piace, ma il suo destino di felicità con Ryan è già scritto. Il seme del dubbio, però, è gettato. Perché è chiaro che anche Amir si sta innamorando di Anna.
L’esplorazione della solitudine e del desiderio, nella sceneggiatura scritta a sei mani dal regista con Stavros Raptis e Sam Steiner, fa i conti con una sorta di disturbante esibizionismo che, a più riprese, insiste sulla pratica di strappare le unghie: è più un alludere che un mostrare, ma è sufficiente a mettere lo spettatore a disagio.
Il film resta una commedia sentimentale sull’imprevedibilità dei sentimenti e su quanto, in realtà, nessuno ne sappia niente, ma i toni surrealisti raffreddano qua e là l’emozione, rendendo il risultato vagamente troppo cerebrale per lanciare il suo messaggio in maniera lucida, anche mai noioso.
Se Fingernails funziona, in definitiva, lo si deve probabilmente al suo tridente di attori. Jessie Buckley rivela inattesi tempi comici in un mélange malinconico-sentimentale che fa da pendant alla tenerezza in ritirata di Riz Ahmed. La chimica fra i due trasuda credibilità: quando lui la ascolta cantare Only You di Yazoo in ufficio, in qualche modo il loro destino è già scritto. E Jeremy Allen White sa cogliere i chiaroscuri del compagno di vita per cui l’abitudine è ormai l’ingrediente principale di una everyday-romance mai messa in discussione.
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